5 ottobre: Giornata Mondiale dell’Insegnante

Oggi mi chiedevo: che distanza c’è fra un insegnante e un alunno?

Due giorni fa abbiamo festeggiato (come al solito in sordina) la Giornata Mondiale degli Insegnanti che ricorre ogni anno il 5 ottobre dal 1994, il cui scopo è quello di mobilitare il sostegno per gli insegnanti e garantire che le esigenze delle generazioni future continuino ad essere soddisfatte. Secondo l’UNESCO il World Teachers’ Day rappresenta “un segno significativo della consapevolezza, la comprensione e l’apprezzamento mostrato per il contributo fondamentale che gli insegnanti danno all’educazione e allo sviluppo.”

Ma cosa significa essere un insegnante oggi e cosa essere un alunno?

Qualche tempo fa, durante una conversazione, casualmente scoprii che il mio interlocutore era diplomato in tromba, ormai da anni accantonata e dimenticata. Gli chiesi se avesse avuto una carriera dopo il diploma e la sua risposta fu “qualche piccolo concerto di poco conto, perché dopo il diploma mi resi conto che avrei dovuto mettermi a studiare sul serio”. Rimasi molto colpita da tale risposta e ci ripensai a lungo.

Cosa trasmette un docente ad un alunno? Cosa insegna? Nozioni? Regole? Procedimenti? Metodi? E l’alunno che ruolo ha? Immagazzina? Applica? Rielabora?

Sui vari documenti e sulle Linee Guida dei Ministeri le parole eleganti e promettenti incantano e riempiono… Ma alla fine il fuoco sacro della curiosità ha spazio per emergere? La creatività e il desiderio di scoprire cosa succede dopo, possono riempire le menti e formare dei pensieri durante l’iter scolastico o i programmi e le nozioni prendono il sopravvento?

La finalità come educatore/docente, secondo la straordinaria filosofa Zambrano, è riuscire a trasmettere «un tempo, uno spazio di tempo, un cammino di tempo» che formi persone dalle continue domande, dalle curiosità verso altri cammini, verso altre storie.

Ed è qui che mi chiedo quale sia la distanza fra l’insegnante e l’alunno, perché sia il primo che il secondo dovrebbero essere in continua ricerca di novità, di arricchimento e progressione, con la differenza che al secondo manca l’esperienza che inevitabilmente ha il primo.

Essere insegnante oggi, ma come ieri, dovrebbe essere questo: crescere insieme a chi si aiuta a crescere, imparando e scoprendo ogni giorno qualcosa di nuovo, lasciandosi stupire dalle novità, rimettendosi in gioco di fronte alle domande più disparate (e ne sentiamo e ce ne vengono a qualunque età).

Certo, quell”avrei dovuto mettermi a studiare sul serio” poteva essere interpretato in mille modi, e io ho scelto di intenderlo secondo una visione di pigrizia e apatia che probabilmente aveva caratterizzato quel periodo al Conservatorio.

Per questo ora, che sono insegnante, scelgo di chiedermi che responsabilità ha avuto quel docente che non è riuscito a strizzare l’occhio a quel giovane trombettista.

La cosa importante è non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della struttura meravigliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai una sacra curiosità.”

(Albert Einstein)

(di Roberta Frameglia, 7 ottobre 2015)

2 commenti (+aggiungi il tuo?)

  1. Paolo
    Ott 07, 2015 @ 22:25:10

    Non sono un insegnante, ma sono stato un alunno e di insegnanti ne ho avuti parecchi, come di solito accade nel periodo scolare.

    A distanza di anni, non pochi ormai, mi restano in mente ricordi molto chiari di qualcuno di loro, dai quali ho imparato davvero, per la vita. E non mi riferisco alla materia specifica dell’uno o dell’altro, quanto a una “materia pervasiva” che condiva ogni lezione infondendole un sapore unico e, appunto, indimenticabile, che andava a riempire il bagaglio che poco alla volta ogni alunno dovrebbe accumulare.
    Era una materia fatta da un lato di fermezza, rigore, senso del dovere, integrità e dall’altro di entusiasmo, positività, curiosità, voglia di sperimentare e di provare, per gli alunni e insieme agli alunni.

    Ricordo tra tutti un docente di matematica/informatica che non esitava a farsi a sua volta alunno in qualche occasione, scambiando il suo ruolo con un alunno che su qualche nuova tecnologia ne sapeva di più. E lui era lì ad insegnare agli alunni, oltre alla matematica, cosa significa essere alunni; io credo che questa sia una cosa straordinaria, una cosa che ti resta poi per sempre, lasciandoti un atteggiamento e una capacità di imparare, di ascoltare, di aprirti agli altri e al nuovo che non si impara facilmente in giro.

    Esiste una distanza tra insegnante e alunno. Anzi, deve esistere, secondo me, e oggi troppo spesso viene annullata, appiattita, con il rischio di generare molta confusione nei ragazzi che possono perdere dei punti di riferimento. Ma non deve essere una distanza meramente data dall’età e dal distacco più o meno accentuato che ogni insegnante ci mette. Dev’essere piuttosto una distanza incentrata sulla maggiore esperienza che, come scrivi, un insegnante necessariamente ha, che dovrebbe interamente essere “riversata” sull’alunno.
    Questi inizialmente ne fruirà in modo inconsapevole ma, con il tempo e se il metodo sarà stato quello giusto, la metabolizzerà per se stesso e per la propria vita.

    A me è successo così e sarò sempre grato a questi insegnanti per ciò che hanno fatto, ben oltre i doveri scritti su un contratto.

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  2. Roberta Frameglia
    Ott 07, 2015 @ 22:57:06

    Grazie per la tua condivisione.

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