Non un, ma IL giro in bici

campagna veroneseIl cielo è limpido. E’ rosa in lontananza, sopra le robinie del Ticino. C’è un tale viavai di uccelli: piccoli, grandi, veloci, tranquilli, silenziosi, urlanti. Il cielo è solo loro a quest’ora. Sembrano avere tutti una missione. Quasi mi sembra di invadere le loro vite, guardandoli troppo.

Non si può dire che ci sia proprio fresco sul balcone dove sono, ma si sta bene, in questi giorni di caldo, ed è già un regalo così.

Mi piace alzarmi presto alla mattina. Non dover uscire presto, prepararmi di fretta, guardare l’orologio: mi piace alzarmi presto e basta. Far colazione, leggere, abbandonarmi al flusso dei pensieri, pensare alle cose che mi aspettano e poi ricordarmi di una ricetta che potrei fare, perdermi in una preghiera intima e poi lasciarmi distrarre dal profumo del rosmarino nel vaso.

Non ho molti ricordi spensierati della mia infanzia, ad uno però sono molto legata. Quando era estate c’era un appuntamento che, come la notte di Santa Lucia o di Natale, non mi faceva dormire, tanta era l’eccitazione: alla mattina presto con papà si andava a fare il giro in bici fra i campi. Non un giro, ma IL giro. Succedeva più o meno 3 volte fra luglio o agosto e ogni volta era IL giro.

Tutti si andava in giro in bicicletta nella campagna veneta, sull’argine dell’Adige poi era la routine fin da piccoli, per nessuno quindi era una novità. La mia e solo mia, però, era andarci alla mattina presto presto e per una bambina di 7 anni era la zingarata più straordinaria del mondo.

Verso le 6, a volte anche prima, dopo una veloce colazione, si partiva, in silenzio, io con la mia graziella piccola e lui con la sua da grande, si attraversava la piazza del paese, tutto era ancora chiuso, si passava nella stradona (ora dico che è una strada normale, ai tempi mi sembrava enorme, a 4-5 forse 8 corsie…) a fianco alla chiesa e davanti al parco giochi. Era un percorso divertente da fare di giorno, perché potevo incrociare sempre amichetti e gente da salutare, ma non in quel momento: avevamo una meta, tutto il resto era distrazione.

Ed ecco che finalmente si girava a sinistra e per una piccola discesa ci si immergeva in mezzo ai campi. Non mi ricordo cosa fosse coltivato, a tratti erano colture “alte” e non vedevo niente attorno, altre più basse, non so altro. Ricordo però nitidamente gli odori di erba, fiori, aria, natura, ma soprattutto i suoni: nessun cip (troppo presto), ma tanti ronzii di mosconi, api, insetti vari che incrociavo e il fruscio delle ruote delle nostre bici sull’asfalto. Senza troppo sforzo sento quei suoni anche adesso, come se fossi in quella campagna. I mosconi e le bici.

Il giro durava un’ora e mezza circa, si andava piano, con leggerezza attenta, a destra a sinistra, non ricordo se il giro cambiasse, ricordo che passavamo davanti ad ampi cortili non ancora seccati dal sole, con i cani che neanche ci abbaiavano, ma ci guardavano solo; qualche capitello coi fiori e i vetri invecchiati; qualche cartello stradale mezzo piegato; neanche un’anima viva. Era l’unico momento in cui papà stava zitto o parlava sottovoce. Nostro era solo il fruscio delle bici e i mosconi attorno.

Poi si rientrava. Erano più o meno le 7 e mezza e si faceva colazione: IL panino col salame. Quello veneto, o la soppressa, mica scherzi!

Ora, nascosta dai parasoli verdi sul balcone, mi gusto i miei suoni della Roberta di oggi: un cip costante, le ali dei piccioni che passano, il mio gatto che si lecca, le campane in lontananza, una macchina, il tic tic del fornello che data l’ora vorrà fare il caffè, un aereo, un signore col cane. Parte l’innaffiatoio automatico del giardino del condominio, la portinaia di fronte ramazza il porfido, il Ticino prosegue mezzo secco, un cane abbaia, una cimice si appoggia sulla parabola, il mio gatto si arrotola.

Sono grande adesso, i ricordi li scrivo, ma i suoni me li gusto come allora.

E’ il primo di agosto.

(di Roberta Frameglia, 1 agosto 2017)

1 Commento (+aggiungi il tuo?)

  1. Paolo
    Ago 01, 2017 @ 09:00:49

    Meraviglioso!
    Con questo, agosto è iniziato meglio.
    Grazie Roberta

    Paolo

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