Il prendersi cura non è mai univoco

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Zig zag cactus (Epiphyllum anguliger)

Proprio a luglio di quattro anni fa, durante una passeggiata per Pavia, mio marito rimase colpito da una meravigliosa e imponente pianta dall’ aspetto tropicale, posta al centro di un negozio di tappezzeria. Dopo pochi tentennamenti decise che dovevamo entrare per chiederne informazioni. La proprietaria, tanto gentile quanto incredula, alla fine di un semplice racconto di viaggio, ne stacca un rametto e ce lo dà. Quel rametto ora è una bella e florida pianta a casa nostra.

A dirla tutta abbiamo capito subito che non era una pianta difficile da tenere: è della famiglia dei cactus, che si sa richiedono poca acqua, molta luce e poco altro. Ma ad essere sincera non l’ho mai pensata così: da sempre sono convinta che anche le piante sentano se l’ambiente dove vivono è sereno. E te lo dimostrano fiorendo, crescendo, allungandosi, abbelliscono la casa, il balcone, il giardino, ti ripropongono quello che respirano nelle tue cure, ti fanno capire che stanno bene perché tu ci tieni che stiano bene. Perché il prendersi cura non è mai un gesto univoco.

E’ passato più di un mese dalla fine della scuola e con occhi nuovi ripenso all’ anno passato, il più intenso da quando insegno. La nuova esperienza al Liceo Musicale è stata una ventata di aria fresca per il mio percorso di insegnante, nonostante le fatiche nell’ ambientarmi e soprattutto nell’ affrontare il mondo degli adolescenti.

Quello che ne ho ricevuto è stato impagabile. Dopo gli ultimi saggi sono stata sommersa da parole commoventi dei ragazzi e dei genitori per il lavoro fatto, parole che non è certo che meritassi del tutto, ingigantite dal momento vissuto con trasporto. A me era già bastato vederli cantare tutti di fronte a me, soprattutto i più timidi, impegnati e fieri, quelli che a fatica si intonavano in mezzo agli altri, ma che comunque cantavano e a memoria. Mi era bastato intercettare che durante gli applausi qualcuno delle file dietro si dava il cinque basso, nascosti da quelli davanti, o prepararmi con le ragazze che si truccavano a vicenda, senza distinzione di età e di classe e ridere con loro perché non si trovava la lacca e allora si usava il vecchio metodo della mano inumidita con la saliva. Mi era bastato vederli soddisfatti quando un’armonia riusciva intonata dopo dieci volte stonate, o quando mi potevano prendere in giro perché vedevano che tanto quanto pretendevo che imparassero i testi a memoria io per prima non li sapevo e bofonchiavo ogni volta cose diverse. Mi era bastato raccogliere le confidenze di cuore o gli sfoghi dopo le litigate e il giorno dopo ricevere un veloce “ah prof, grazie per ieri. Tutto a posto adesso”. Mi era bastato vedere l’entusiasmo che ci mettevano nel costruire il brano insieme a me, proponendomi ritmiche particolari o successioni di strofe alternative.

Una classe mi ha scritto una lettera, a mano, ordinata, appassionata, vera, profonda, firmata da tutti. L’ho letta e riletta come mai ho fatto in passato. Contiene tutto quello che ogni insegnante dovrebbe ricevere e di nuovo non so se mi sono meritata quelle parole e se in futuro ne riceverò ancora di simili. Quello che mi tengo più caro sono due frasi: “…ci è sempre stata vicina e ha sempre creduto in tutti noi… Ognuno si porta a casa qualcosa di nuovo da poter utilizzare per affrontare al meglio la nostra vita”.

E’ come curare una pianta: la curi, credi in lei e lei trae dal tuo amore la linfa per poter vivere. Ed è lo stesso che io ho ricevuto dai miei ragazzi: è stato un lavoro di squadra, ci siamo seguiti a vicenda, abbiamo avuto fiducia l’uno dell’altro, ci siamo conosciuti e mentre io mi prendevo cura di loro, loro si sono presi cura di me. Non sono loro a dover ringraziare me, ma anche io loro.

Perché il prendersi cura è sempre uno scambio.

Lettera 1AM Liceo Magenta - giu2018 - pezzo

(di Roberta Frameglia, 17 luglio 2018)

 

1 Commento (+aggiungi il tuo?)

  1. Pierangelo
    Lug 18, 2018 @ 18:13:23

    nei giorni in cui le notizie che ci vengono dalla politica e dal mondo ci parlano sempre più di nemici da cui difendersi, leggere del “prendersi cura di”, è ossigeno puro. Dobbiamo lavorare dalle piccole alle grandi cose per ricreare un mondo che creda nel valore dell’altro e non della paura nei suoi confronti. E soprattutto credere nella non univocità di questo prenderci cura. Non ci perderà nessuno e ci guadagneremo tutti. Ho anch.io, come sai, una pianta che mi estimonia questo. Grazie.

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