Ode alla nebbia

Nebbia a Verona

Nebbia a Verona

Oggi, con la nebbia, semplicemente ricordavo.

Stamattina mi sono alzata e di nuovo ho salutato la nebbia. A Pavia e alle porte di Milano ci aveva dato un paio di giorni di tregua, ma oggi è tornata. Fitta, bianca e, senza pretese, semplicemente lì.

Il mondo quando c’è lei va avanti lo stesso, non sembra neanche arrancare poi tanto, come invece faccio io con lei. Non è come quando c’è la neve, che tutto va a rilento e sembra di essere in un mondo parallelo, soprattutto per l’acustica ovattata che per altro.  Con la nebbia i suoni non sono attutiti: c’è tutto attorno, solo che non lo vedi. Mi viene in mente Calvino e il suo re sul trono (leggi qualche informazione) che passa le ore ascoltando i suoni intorno a lui dal suo trono per non perderlo, sviluppando ogni sorta di percezione e riconoscimento uditivo, senza avere però di fatto alcun contatto umano.

Mi ricordo che il tempo clou per la nebbia, per quanto riguarda i miei ricordi di bambina, cade da sempre in questi giorni e proprio lei accompagnava il momento penso più odiato dai bambini della mia generazione: la visita ai cimiteri.

Arrivato il giorno, che poteva essere l’1 o il 2 novembre, si partiva tutti e tre (mamma, papà ed io), nebbia o no (ma c’era sempre!) e si girava per la landa veronese. Primo dubbio: non ho mai capito perché se c’era in quei giorni si andava in giro lo stesso, ma in qualunque altro giorno dell’anno la regola di casa mia era “con la nebbia se sta a casa!” (ovviamente in veronese).

Questione abbigliamento. Con tutto quello che dovevo vestire sembravo Big Hero: berrettone fino alle ciglia comprese, sciarpa di lana fino alle ciglia sotto comprese, guantoni da box e tutto il resto. Regola n.2: “…parché el fredo quando el te entra in te le osa, non ‘l va più via”. A volte penso che in realtà Halloween sia nato da certe minacce delle mamme…

Insomma si partiva e ovviamente, visto che capitava una volta all’anno, si andavano a trovare TUTTI i cari defunti. Poco male, una volta ogni tanto si può fare: entri al cimitero, due fiori, un pensiero e via.

NO! A casa Frameglia no. Perché 1. i morti non erano nello stesso cimitero, ma uno qui, il fratello nel paese vicino, la zia cara due paesi più in là, e la prozia dall’ altra parte, “ma ci andiamo dopo, così passiamo a salutare i nonni”. 2. Al cimitero non si va solo per i morti, ma soprattutto per i vivi: è quello che ho dedotto in anni di esperienza. Perché era il momento di ritrovo di tutti i parenti, che si ritrovavano alle tombe dei cari nello stesso momento. E allora via, ore al freddo, all’umido della nebbia, ad aggiornarsi sugli altri parenti, che casualmente erano malati, in disgrazia, in punto di morte… finché si arrivava a me e al cuginetto di fronte, anche lui imbrigliato nella “mala sorte del giro ai cimiteri”: come va a scuola e “gheto el moroseto”, le due domande di rito, o meglio, del cavolo.

Ma alla fine, se sono qui a scriverne, la verità è che non cambierei una virgola di quel momento e non passa anno che non mi auguri che “ai morti” ci sia proprio la nebbia, per poter ricordare col sorriso quel… tormento.

Ode alla nebbia

O nebbia fastidiosa,
che penetri negli ossi
e fai la via dubbiosa
e fai finir nei fossi,

madre d’ogni incidente
e d’ogni guida vana,
che mandi fuor di mente
chi scende in Val Padana,

tu che rendi irreale
il mondo e le persone,
tu nemica mortale
del povero pedone,

sei scesa all’improvviso
col manto cinerino
per rendere più griso
il cielo novembrino,

o nebbia inaspettata,
ricevi il mio saluto!
appena ti ho annusata,
ho fatto uno starnuto.

(Autore: amicusplato)

(di Roberta Frameglia, 30 ottobre 2015)

Ad ognuno il suo Santo patrono

F. Francia (1450–1517), Madonna e Santi

“Per essere santi non c’è bisogno che gli altri lo sappiano”.

Oggi, raggirando simpaticamente il significato inteso da Marco Aurelio nel suo aforisma, mi chiedevo: conosciamo i nostri santi protettori?

La festa di Ognissanti, che ci apprestiamo a festeggiare il I novembre, non solo celebra i Santi noti, ma anche i meno conosciuti, tutti gli eletti cioè della Chiesa.

Ma chi è il “Santo patrono”? un Santo a cui la Chiesa affida la protezione di una certa categoria di fedeli. I fedeli, a loro volta, si rivolgono a lui per ottenere intercessione e favori presso Dio, per loro stessi o per altri, per mezzo di preghiere e/o atti votivi.

E allora quali sono i Santi patroni dei musicisti, dei cantanti, di tutti coloro che hanno a che fare con la musica? Santa Cecilia, in coro, lo sento, o San Biagio, protettore della gola, o San Gregorio Magno, protettore dei cantori. Ma perché sono diventati tali? Ho scoperto delle cose molto interessanti.

J. Blanchard (1600 - 1638) Saint Cecilia

J. Blanchard (1600 – 1638), Saint Cecilia

  • SANTA CECILIA (22 novembre), patrona dei musicisti. In realtà per questa martire cristiana del II/III secolo l’attribuzione di patrona della musica è, per dirla modernamente, un fake, o per lo meno dovuta ad un’ interpretazione falsata. La Santa, nobile, ma cristiana pia dedita alla carità, portò alla conversione anche il marito e il cognato, barbaramente uccisi per la loro fede, sorte che capitò anche a lei successivamente. Ma perché la Santa è legata alla musica? Si tratterebbe di un’errata interpretazione tardo medievale dell’antifona di Introito della messa nella festa della Santa (alcuni dicono si tratti di un brano della Passio) in cui, descrivendo il suo matrimonio, si dice: “Mentre gli strumenti suonavano (cantantibus organis), Cecilia in cuor suo rivolgeva il suo canto al Signore”. In realtà i codici più antichi non riportano il verbo cantantibus, o il sinonimo canentibus, bensì Candentibus organis (con gli strumenti di tortura arroventati…). Gli “organi”, quindi, non sarebbero affatto strumenti musicali, ma gli strumenti di tortura, e l’antifona descriverebbe Cecilia che “tra gli strumenti di tortura incandescenti, cantava a Dio nel suo cuore”. L’antifona non si riferirebbe dunque al banchetto di nozze, bensì al momento del martirio. In epoca medievale però, data l’assoluta carenza di santi musicanti, il passo che la rese patrona della musica fu brevissimo.
  • Parmigianino (1503-1540), Santa Cecilia e David

    SAN DAVID (29 dicembre), patrono dei musicisti e dei cantanti. Il re Davide, “peccatore e santo”, come lo definisce Papa Francesco in un’omelia del 2014, domina la storia di Israele nel X sec. a.C. Abbattè il gigante Golia, ridiede fiducia alle tribù d’Israele e le raccolse in un unico popolo forte e rispettato, ma soprattutto dalla sua discendenza sarebbe nato Gesù. Valoroso guerriero, musicista e poeta, accreditato dalla tradizione quale autore di molti salmi.

  • Antonello da Messina (1429-479), Gregorio I

    Antonello da Messina (1429-479), Gregorio I

    SAN GREGORIO MAGNO (3 settembre), patrono dei musicisti e dei cantori. Nato nel 540, divenne molto giovane prefetto di Roma, anche se la vocazione monastica lo portò presto ad entrare in monastero. Nel 590 fu eletto Papa (Papa Gregorio I) e fin da subito esercitò un’intensa attività di sollecitazione alla carità e all’ azione missionaria, soprattutto attraverso i suoi scritti. Gregorio riorganizzò a fondo la liturgia romana, ordinando le fonti anteriori e componendo nuovi testi. Promosse quella modalità di canto tipicamente liturgico che da lui prese il nome di “gregoriano“: leggende narrano che fosse lui stesso a dettare i suoi canti, ma in realtà i manoscritti più antichi contenenti i canti del repertorio gregoriano risalgono al IX secolo e pertanto non si sa se lui stesso ne abbia composto qualcuno.

  • Piero della Francesca (14016-1492), Battesimo di Gesù

    Piero della Francesca (14016-1492), Battesimo di Gesù

    SAN GIOVANNI BATTISTA (24 giugno), patrono dei cantori. L’inno scritto in onore di San Giovanni Battista composto da sei emistichi  “UT queant laxis, REsonare fibris, MIra gestorum, FAmuli tuorum, SOLve polluti, LAbii reatum, Sancte Iohannes”, ovvero «Affinché possano con libere voci cantare le meraviglie delle azioni tue i (tuoi) servi, cancella del contaminato labbro il peccato, o San Giovanni», ispirò nell’ XI secolo il monaco benedettino e teorico musicale Guido d’Arezzo nella definizione di un memorandum per la memorizzazione delle melodie scritte sul rigo musicale, dando di fatto origine alla codificazione dei nomi delle note. Per tale ragione San Giovanni Battista è divenuto il patrono di cantori e musicisti. Noto ai più per due aspetti della sua vita,  il battesimo di Gesù nelle acque del Giordano e la sua decapitazione, per mano di Erode Antipa che voleva compiacere la figliastra Salomè, fu una delle personalità più importanti dei Vangeli, come asceta e predicatore.

  • Immagine votiva di San Domenico Savio

    Immagine votiva di San Domenico Savio

    SAN DOMENICO SAVIO (6 maggio), patrono dei Pueri Cantores. Allievo di San Giovanni Bosco, nato nel torinese nel 1842, si distinse per la fervente propensione alla preghiera, alla contemplazione e all’assiduità ai sacramenti. Preciso e puntuale cantore del coro dei fanciulli diretto da Don Bosco, si ammalò di colera, che lo portò alla morte a soli quindici anni.

Michelangelo Buonarroti (1475-1564), San Biagio ne "Il Giudizio Universale"

Michelangelo (1475-1564), San Biagio ne “Il Giudizio Universale”

  • SAN BIAGIO (3 febbraio), patrono dei suonatori degli strumenti a fiato, dei laringoiatri e più genericamente della gola. Tante sono le tradizioni legate a questo Santo, medico e vescovo della sua città in Armenia tra il III e il IV secolo. Martirizzato a causa della sua fede, gli vennero attribuiti numerosi miracoli, fra i quali il salvataggio di un bambino che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce. Da qui la tradizione di compiere una benedizione della gola con le candele benedette (incrociate) il giorno precedente, festa della Presentazione di Gesù al tempio. Molte poi le tradizioni legate alla cucina, come la Polpetta di S.Biagio campana o i tarallucci abruzzesi, fino al milanese detto “San Bias el benediss la gola e el nas”, quando, come tradizione molto sentita, si mangia in famiglia ciò che è rimasto del panettone raffermo natalizio, appositamente conservato, come gesto propiziatorio contro i mali della gola e raffreddori. In questo giorno i negozianti poi, per smaltire l’invenduto, vendono a poco prezzo i cosiddetti panettoni di San Biagio, gli ultimi rimasti dal periodo natalizio.

Invito poi ad approfondire le personalità di SANTA BARBARA (4 dicembre), protettrice dei campanari, ma anche San GENESIO (25 luglio) e SAN VITO (15 giugno), protettori degli attori e legati in qualche modo anche ai musicisti, e SAN LUCA EVANGELISTA (18 ottobre) e SANTA CATERINA DA BOLOGNA (9 marzo), protettori degli artisti.

Santa Roberta da Pavia. Fotomontaggio

Santa Roberta da Pavia. Fotomontaggio

Concludo con un sorriso: un divertente fotomontaggio, regalo di un amico cantante, prova che i musicisti, col loro folklore e la loro colorata follia, mi sa che hanno davvero bisogno di tante mani sulla testa…

(di Roberta Frameglia, 27 ottobre 2015)

Halloween o Holyween? tutto, ma niente crociate

Oggi mi chiedevo, anzi no, oggi mi hanno chiesto: “Prof, ci sono delle canzoni per Halloween? Sulle streghe, sui morti…?”

Mi piacciono i cappelli. Quando posso, ovunque io sia, al supermercato o al mercato, alla fiera o in boutique, ne provo uno. Di qualunque foggia: con le orecchie, con la veletta, eleganti, di piume, di pile, strani, grandi, piccoli. Provo tutto. Figurarsi ad Halloween, con tutti quelli da strega che si trovano in giro.

La domanda sulle canzoni di Halloween mi arriva in questo periodo praticamente ogni anno, cambiano solo i soggetti (streghe/morti/zucche/cimitero/pipistrelli…). E come ogni anno anche la diatriba “Halloween sì/ vade retro Halloween” arriva implacabile come il panettone a Natale.

Personalmente le crociate pro o contro qualcosa in maniera univoca ed estremista non mi hanno mai conquistata: io ho le mie idee e tu hai le tue, punto. Io non nascondo le mie e ti chiedo di fare altrettanto con le tue, perché grazie alle tue idee io posso farmi delle domande, con cui magari rinforzare le mie o semplicemente arricchirle di colori nuovi o magari ammettere che le tue hanno più senso delle mie. In pace, nel rispetto e in condivisione. E tu forse farai altrettanto.

Su Halloween ad esempio ho delle idee piuttosto chiare, o meglio sono chiare sulle crociate pro o contro, e sono chiare sulla volontà di capirne le origini, le trasformazioni, le motivazioni originarie e moderne. Poi ogni avvenimento, festività o momento ha molteplici sfaccettature, alcune pure, nella loro natura, altre impregnate di rimaneggiamenti e/o globalizzazione. La risposta perciò alla domanda se ci sono canzoni per Halloween è semplicemente sì, ce ne sono e sono diverse a seconda della finalità.

Perché Halloween è un momento molto più complesso di quello che ci viene passato dalla tv e dal business e semplice insieme, e ogni canto, come sempre, è in qualche modo legato alla nostra vita quotidiana.

Halloween (All Hallows Eve = la Notte di tutti i Santi) raccoglie e combina tante tradizioni diverse e più o meno lontane nel tempo, a partire dal momento in cui si temeva (e si festeggiava anche) che in questa notte la distanza fra il regno dei morti si avvicinasse a quello dei vivi. Questa notte però segnava anche la fine dell’estate e del raccolto e l’entrata nel periodo buio e più duro: l’inverno. Ci sono molte canzoni che trattano questo passaggio, dedicate all’autunno o più nello specifico al solstizio d’inverno, dove spesso all’interno viene espresso proprio qualche concetto di timore.

Il ritrovarsi intorno ai falò, di fronte ai quali si portavano doni, rappresentava un momento sociale di estrema importanza, di esorcismo delle paure del freddo e dell’inverno buio, un’ occasione per rinnovare l’affetto per i propri defunti, ma anche per cacciare gli spiriti “dannati” che sarebbero potuti giungere in mezzo agli uomini (ecco la pratica del travestimento per non essere riconosciuti dagli spiriti).

Col Medioevo poi le tradizioni si arricchiscono, per non parlare dell’800 con le grandi migrazioni e incontri di popoli: la danza macabra, il tema iconografico (ripreso anche da molti compositori) che rappresenta scheletri che danzano coi vivi (“memento mori” = ricordati che devi morire) o l’idea del dolcetto o scherzetto (trick or treat) che deriva dalla richiesta di pane (soul cake = pane dell’anima) decorato con una croce fatta di uvetta, che rappresentava le preghiere che il mendicante prometteva al donatore, religiosità e disperazione completamente scomparse nelle pratiche odierne. Anche lasciare una luce alla finestra o la tavola preparata sono tradizioni rimaste tutt’oggi in molte nostre regioni italiane, per non parlare dei dolci (il pan dei morti, le ossa dei morti). In tutti i giorni che precedono il Giorno dei Defunti poi si fa visita ai cimiteri, portando solitamente fiori (vd. la festa di epoca romana di Feralia da fero = portare – doni, cibo, fiori, ecc).

Tutti i riferimenti al satanismo e alle pratiche di magia nera in questa notte personalmente non mi interessano: ogni momento religioso ha da sempre il suo lato oscuro, la risposta del male e l’antagonista in veste decisa. Questa notte è considerata la notte delle streghe, del male e dell’oscurità per eccellenza: io, da credente, mi faccio forte del significato dell’unione della Chiesa con i suoi defunti e i suoi santi, in una continuità perpetua. La responsabilità degli adulti nei confronti dei più giovani, a mio avviso, è proprio questa: documentarsi e affrontare anche temi che subito ci potrebbero spaventare, conoscerne i significati e guardarli in faccia, non rifiutandoli, nascosti dietro a frasi fatte e concetti limitati a giusto/sbagliato, bello/brutto, bene/male. Il consumismo, il business e la globalizzazione hanno le redini da anni su molte “feste”, ma non è negando che ci si salvaguarda, ma approfondendo e affrontando ogni tema. Poi ognuno è libero di “festeggiare” o meno, purché la sua motivazione sia fondata.

Concludendo, ai miei studenti consiglio sempre di vedere e ascoltare “Soul cake” , la canzone più emblematica di questo periodo, soprattutto nella versione di Sting nella Durham Cathedral (che allego in fondo). La canzone riprende proprio, come da tradizione, la cantilena  dei mendicanti che chiedevano appunto la soul cake in cambio di preghiere, come ci è stata tramandata. Nella versione di Sting, si può ascoltare poi un accenno di “God Rest You Merry Gentlemen”, noto carols natalizio, come anticipazione delle festività successive.

E comunque Halloween o no, io continuo a provarmi tutti i cappelli che trovo.

    

   

(di Roberta Frameglia, 18 ottobre 2015)

5 ottobre: Giornata Mondiale dell’Insegnante

Oggi mi chiedevo: che distanza c’è fra un insegnante e un alunno?

Due giorni fa abbiamo festeggiato (come al solito in sordina) la Giornata Mondiale degli Insegnanti che ricorre ogni anno il 5 ottobre dal 1994, il cui scopo è quello di mobilitare il sostegno per gli insegnanti e garantire che le esigenze delle generazioni future continuino ad essere soddisfatte. Secondo l’UNESCO il World Teachers’ Day rappresenta “un segno significativo della consapevolezza, la comprensione e l’apprezzamento mostrato per il contributo fondamentale che gli insegnanti danno all’educazione e allo sviluppo.”

Ma cosa significa essere un insegnante oggi e cosa essere un alunno?

Qualche tempo fa, durante una conversazione, casualmente scoprii che il mio interlocutore era diplomato in tromba, ormai da anni accantonata e dimenticata. Gli chiesi se avesse avuto una carriera dopo il diploma e la sua risposta fu “qualche piccolo concerto di poco conto, perché dopo il diploma mi resi conto che avrei dovuto mettermi a studiare sul serio”. Rimasi molto colpita da tale risposta e ci ripensai a lungo.

Cosa trasmette un docente ad un alunno? Cosa insegna? Nozioni? Regole? Procedimenti? Metodi? E l’alunno che ruolo ha? Immagazzina? Applica? Rielabora?

Sui vari documenti e sulle Linee Guida dei Ministeri le parole eleganti e promettenti incantano e riempiono… Ma alla fine il fuoco sacro della curiosità ha spazio per emergere? La creatività e il desiderio di scoprire cosa succede dopo, possono riempire le menti e formare dei pensieri durante l’iter scolastico o i programmi e le nozioni prendono il sopravvento?

La finalità come educatore/docente, secondo la straordinaria filosofa Zambrano, è riuscire a trasmettere «un tempo, uno spazio di tempo, un cammino di tempo» che formi persone dalle continue domande, dalle curiosità verso altri cammini, verso altre storie.

Ed è qui che mi chiedo quale sia la distanza fra l’insegnante e l’alunno, perché sia il primo che il secondo dovrebbero essere in continua ricerca di novità, di arricchimento e progressione, con la differenza che al secondo manca l’esperienza che inevitabilmente ha il primo.

Essere insegnante oggi, ma come ieri, dovrebbe essere questo: crescere insieme a chi si aiuta a crescere, imparando e scoprendo ogni giorno qualcosa di nuovo, lasciandosi stupire dalle novità, rimettendosi in gioco di fronte alle domande più disparate (e ne sentiamo e ce ne vengono a qualunque età).

Certo, quell”avrei dovuto mettermi a studiare sul serio” poteva essere interpretato in mille modi, e io ho scelto di intenderlo secondo una visione di pigrizia e apatia che probabilmente aveva caratterizzato quel periodo al Conservatorio.

Per questo ora, che sono insegnante, scelgo di chiedermi che responsabilità ha avuto quel docente che non è riuscito a strizzare l’occhio a quel giovane trombettista.

La cosa importante è non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della struttura meravigliosa della realtà. È sufficiente se si cerca di comprendere soltanto un poco di questo mistero tutti i giorni. Non perdere mai una sacra curiosità.”

(Albert Einstein)

(di Roberta Frameglia, 7 ottobre 2015)